domenica 22 aprile 2018

IV Domenica del tempo di Pasqua: Il Buon Pastore

Il Buon Pastore - Cristobal Garcia Salmeron 1660

Nel Vangelo di Giovanni 10,11-18 ascoltiamo: “Io sono il buon pastore”; affermazione che Dio da di se stesso, espressione di bontà e di amore.
Anche nell’incontro con il giovane ricco Gesù afferma che uno solo è buono e si riferisce a Dio Padre. Ciò dovremmo portarcelo sempre alla mente, quando il buio nel cuore e le situazioni di difficoltà ci fanno tremare, ricordiamoci che siamo tenuti tra le mani di un pastore che è buono e come tale cerca la bontà e l’amore.
Nella vita si è pastori, si conducono delle persone, ma nello stesso tempo non si smette mai di essere pecore che seguono.
Sant’Agostino dal Discorso sui pastori afferma:
“Quando Cristo affida le pecore a Pietro, certo gliele affida come uno che le dà a un altro distinto da se, tuttavia desidera che Pietro sia una cosa sola con lui”.
Cristo e Pietro sono uniti come lo sposo e la sposa, Gesù chiede a Pietro, ben tre volte, se lo ama.
Quindi significa che tu puoi pascere perché sei unito a me.
La domanda, “Mi ami?”, fatta a Pietro è rivolta anche a noi. Infatti se amiamo possiamo prendere a carico le persone affidateci e dare la vita per loro.
Perciò alle persone a cui tu fai da pastore insegnerai il Signore. Ecco la grandezza dell’unità. Quando sono pastore devo permettere che Cristo possa amare attraverso di me.
Allora quando, tante volte, noi facciamo fatica ad accettare l’altro non è solo una difficoltà di sensibilità e di predisposizione…
L’abate Lepori dice che, in una comunità monastica, quando non si amano le sorelle o i fratelli, non è solo una questione di “piace o non mi piace”, “vado d’accordo oppure no”. Siccome ci ha messo insieme lo Spirito Santo, quando non si va d’accordo e non si ha empatia, apertura nei confronti degli altri, è una questione di fede. Significa che manco di fede se non vado all’altro.
Allora noi cristiani abbiamo perso questo sguardo di fede sulle pecore che ci sono state affidate, sui familiari, sui fratelli e le sorelle, manchiamo di amore e di carità.
È un grande cammino di conversione per noi, un tragitto che la risurrezione ci porta a fare. Significa non vedere più gli altri nella loro carne mortale, ma vederli come figli di Dio.
Quando gli altri ci offendono e sono diversi da quello che vorremmo evitiamo l’incontro, oppure li eliminiamo come purtroppo succede e come vediamo nel mondo.
Bisogna essere una cosa sola con Cristo per poter amare le pecore che ci sono state affidate, in questo modo conosceranno il Signore che è un vedere del cuore.
Il Vangelo chiede un processo di cammino interiore sia del pastore che delle pecore, dove uno va verso l’altro e tutti confluiscono in Cristo per dare la vita.
Le pecore seguono non tanto perché hanno capito tutto, ma perché si fidano, non per grandi elucubrazioni personali, ma semplicemente perché si sentono amate.
Ecco: il voler bene, la fiducia è un cammino, bisogna dare tempo alle pecore di conoscere il pastore, ma anche il pastore non può bruciare le tappe, deve avere il tempo dell’amore, il tempo opportuno della carità.
Un camino richiesto a noi in quanto pecore che porta a dare la vita come lo è stato per Santa Franca, per suor Lionella, per tutti i santi: uomini e donne che sono stati pastori di un gregge capaci di dare un grande amore come conseguenza del loro rapporto con Gesù.
Amen
(trascrizione non rivista dall'autrice)

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