sabato 27 aprile 2024

Santa Franca


“Papa Francesco mette in chiaro la differenza tra cristiani abituati e cristiani innamorati”: cosi don Maurizio Noberini ha delineato la figura di Santa Franca, nella sua festa il 25 aprile, nella chiesa di San Raimondo a Piacenza dove è collocata la sua tomba. Don Maurizio, parroco della comunità cittadina che ha preso il nome della Santa, ha guidato la celebrazione affiancato da don Luigi Chiesa, don Franco Capelli e don Giovanni, un sacerdote pellegrino sulla via Francigena.

Santa "vivae vocis oraculo"

Santa Franca, nata nel 1175 da una famiglia nobile dei conti di Vitalta nel territorio piacentino, è una figura di spicco nella storia religiosa del Medioevo italiano. Entrò giovanissima nel monastero benedettino di San Siro, uno dei più fiorenti dell'epoca, dove già a quattordici anni pronunciò i voti solenni. Nel 1198, alla morte della badessa Brizia, Franca fu eletta per guidare il monastero. Nel 1214, ispirata da Carenzia Visconti, Franca accettò l'invito a fondare un nuovo monastero cistercense sul Montelana. Divenne badessa del nuovo monastero, continuando a gestire anche San Siro per un periodo. La comunità si trasferì poi a Pittolo per motivi di sicurezza, evidenziando le sfide logistiche e di sicurezza che i monasteri spesso affrontavano. Santa Franca morì il 25 aprile 1218, e il suo corpo divenne oggetto di venerazione, riconosciuto come mezzo attraverso il quale Dio operò molti prodigi. Le sue spoglie, dopo varie traslazioni, riposano ora nella chiesa delle Benedettine di San Raimondo a Piacenza. Secondo la tradizione, Franca fu proclamata santa "vivae vocis oraculo" da Papa Gregorio X nel 1273. Sebbene non esista una bolla formale di canonizzazione, il suo elogio si legge ogni anno nel Martirologio Romano il 25 aprile. La storia di Santa Franca è emblematica della vitalità e della complessità della vita monastica femminile nel Medioevo, mostrando come le figure religiose potessero influenzare profondamente non solo la spiritualità ma anche le dinamiche sociali e politiche del loro tempo.

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Un bagno di santità

Dalla figura di Franca emerge una donna profondamente innamorata di Cristo ed è quello che ha voluto mettere in evidenza don Noberini, sottolineando come la sua vita è stata un vangelo vivente. Commentando la Scrittura in cui si è ascoltata la preghiera di Gesù che ringrazia il Padre perché ha nascosto la bellezza della fede ai sapienti e ai dotti, don Maurizio ha sottolineato che non si tratta di un elogio dell’ignoranza, ma è quello che dice anche l’apostolo Paolo: “Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo”. La sapienza dunque per don Maurizio è fondata non su discorsi dotti, ma sull’amore come quello che ha vissuto santa Franca e che ancora oggi prosegue nella vita delle monache con la loro testimonianza di adesione totale a Cristo “Il Signore vuole da noi - ha affermato don Noberini - un rapporto di amore intimo, di amore personale… Uscendo da questa chiesa - ha concluso - dobbiamo andare fuori cambiati, perché abbiamo fatto un bagno di santità, proprio attraverso il ricordo di Santa Franca”.

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Uomini e donne di pace

Al termine della celebrazione la badessa del convento di san Raimondo, madre Emmanuel Corradini, ha ringraziato il Signore, i sacerdoti, i diaconi e tutti i presenti con cui si è vissuto un momento di fede e fraternità. “Coraggio - ha detto - andiamo avanti, abbiamo i santi tra di noi e il Signore non farà mancare la sua grazia”.
Don Noberini ha poi evidenziato l’importanza del convento delle monache benedettine nella città che, in questi ultimi anni, è diventato molto vivo grazie alla presenza di nuove vocazioni. Sull’esempio di santa Franca, che ha portato il suo contributo per la pacificazione nella Piacenza di allora, don Maurizio ha infine impartito la benedizione affinché il Signore illumini il nostro periodo storico e ci faccia diventare uomini e donne di pace. La festa è proseguita, nello stile dell’ospitalità benedettina, sul piazzale della chiesa dove tutti i partecipanti hanno potuto gustare delle piccole delizie preparate dalle monache.


franca festa

sabato 13 aprile 2024

Perfetta carità


“Questa sera tratteremo il tema del vertice della Carità e dell'amore. Una questione da approfondire proprio dopo la Pasqua, perché solo dopo aver incontrato Gesù Risorto si può vivere la radicalità dell'esperienza di amore verso i propri nemici: è una grazia che solo il Signore ci può dare, ma bisogna andare in punta di piedi e avere l'umiltà di chiedere il suo aiuto”. Così lo scorso 6 aprile madre Emmanuel Corradini ha introdotto dopo la Pasqua la sua meditazione nel monastero di San Raimondo.

Amare i nostri nemici

La religiosa ha citato ai  presenti il capitolo sesto del Vangelo di Luca. “A voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta? Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi e fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi”.
Il Signore ci chiede allora di amare - ha spiegato la Madre - , chiede l'adesione dei suoi discepoli in termini radicali. Dice che fare del bene a coloro che ci amano non è niente di eccezionale, l'eccezionalità sta nel compiere qualcosa di buono verso chi ci ha fatto male, rispondendo al male con il bene. Comprendiamo quindi che l'atteggiamento di non violenza per noi cristiani non è dettato da un buon comportamento. Il cristiano è colui che assume dentro di sé l'atteggiamento convinto che l'amore di Dio e la sua potenza gli permettono di affrontare il male con le armi dell'amore e della verità. Come diceva Benedetto XVI, l'amore del nemico costituisce la vera rivoluzione cristiana: non basata su strategie di potere economico, politico o mediatico, ma fondata su un amore che non poggia su risorse umane. Un sentimento che è dono di Dio, e si ottiene confidando unicamente e senza riserve nella sua bontà misericordiosa”. Ecco la novità del Vangelo - sottolinea - , ecco perché noi celebriamo la festa della Misericordia di Dio: è la Misericordia a sostenere le sorti della storia, e amare i nemici è il contributo più importante che il cristianesimo può dare alla civiltà”.

Qual è la perfezione della carità

Poi ricorda Sant'Agostino, secondo cui la “perfezione della Carità è amare i nemici, amarli perché diventino fratelli. La nostra carità non deve infatti essere secondo la carne. Ama i tuoi nemici perché entrino in comunione con te, così come amò colui che pendendo dalla Croce disse Padre perdonali perché non sanno quello che fanno”. Se chi ci ha fatto del male diventa un fratello - ha quindi osservato la superiora di San Raimondo - ,   vuol dire che la sua vita e la sua salvezza ci interessano. L'altro non è allora qualcuno da eliminare, il suo benessere o malessere fanno per noi la differenza, anche se ci ha provocato dolore. Altrimenti Gesù è nato invano, la Sua morte e Resurrezione non sono servite. Ma se sentiamo Cristo vivo e risorto in mezzo a noi, allora Lui, che ha vinto la morte e ha fermato il male con la carità, ci renderà capaci di fare altrettanto e di amare i nostri nemici”.
Come riuscire a vivere un'esperienza così umanamente difficile e radicale? “Dobbiamo innanzitutto credere sul serio al Vangelo e cercare un rapporto con Gesù, coltivarlo – ha spiegato la superiora - . Non a caso ho detto che il tema della perfetta carità si può capire bene solo dopo la Pasqua. È in quel momento che Gesù dice ai discepoli pace a voi. Proprio quando sono impauriti dentro al Cenacolo e si guardano con sospetto, lui li rimette insieme e dona loro lo Spirito Santo per il perdono e la remissione dei peccati. Anche noi non dobbiamo quindi guardare alla fatica che facciamo a perdonare, ma al dono che il Signore ci dà. Dobbiamo ricordarci che la Sua grazia ci renderà capaci di un amore sovrumano e che Gesù ci comanda l'amore senza limiti solo dopo aver donato sé stesso. Per riuscire a perdonare i nemici bisogna prima di tutto restare attaccati a Dio".

Santa Teresa di Liseux

Lo dice perfettamente Teresa di Liseux. “Alle anime semplici non servono mezzi complicati - ha scritto la Santa poco prima di morire - . Poiché io sono tra queste, una mattina durante il ringraziamento Gesù mi ha dato un mezzo semplice per compiere la missione. Mi ha fatto capire queste parole del Cantico dei Cantici: 'attirami, noi correremo all'effluvio dei tuoi profumi'. Dunque, Gesù, non è nemmeno necessario dire attirando me attira le anime. Basta semplicemente che io dica attirami e le anime le salvi tu. Madre amata, ecco la mia preghiera: chiedo a Gesù di attirarmi nelle fiamme del suo amore, di unirmi così strettamente a Lui che egli viva e agisca in me. Quanto più dirò 'attirami', tanto più le anime si avvicineranno a me e di conseguenza a te”.
Anche i discepoli erano povere persone come noi – ha quindi spiegato l'abadessa -, l'unica cosa rimasta loro era l'attaccamento a Gesù. Non hanno capito tutto quello che Lui ha fatto, ma con il loro attaccamento a Cristo questi 12 hanno cambiato il mondo. Anche noi dobbiamo prima di tutto essere attirati da Gesù, se vogliamo vivere la carità e arrivare a perdonare”.

La preghiera del Padre Nostro

La seconda condizione per riuscire ad amare chi ci ha ferito è la preghiera - osserva poi Madre Emmanuel -. Dobbiamo pregare come ha fatto Gesù, dicendo «Padre perdonali perché non sanno quello che fanno». Una preghiera può essere povera, semplice, può consistere solo in un'invocazione: ma pregando si passa dal rancore alla pietà, dal giudizio alla misericordia, dal desiderio di vendetta verso l'altro a mettersi in ginocchio per lui. A cambiare è il proprio atteggiamento interiore verso chi ha fatto del male”.

“La preghiera per il nemico dovrebbe essere per ciascuno di noi la prima del mattino” – ha detto infatti Padre Zenone negli apoftegmi del deserto, citati dalla suora. Così ha fatto anche Padre Paisios pregando per chi aveva rinnegato Cristo. Solo chiedendo la salvezza di chi ha mortificato il nostro io, saremo sicuri di avere la fortuna di essere tra i salvati, di essere dalla parte di chi cade e non di chi uccide.
Poi Madre Emmauel cita ancora una volta Sant'Agostino, che con il suo monito rende chiaro il processo progressivo verso il perdono.
“Sono due i nemici che devi temere – spiega il santo, menzionato dall'abadessa -. Il primo è di carne e sangue, e aggredisce in te quello che hai di materiale. Ma c'è in lui un altro nemico invisibile, occulto: il sovrano delle tenebre. Tu non lo riesci a pensare, ma a lui interessano i tuoi tesori interiori. Mettiti dunque dinanzi agli occhi due nemici: uno lo vedi, l'altro è nascosto. Ama il primo e guardati dal secondo”.

“Se ci si intestardisce ad odiare il nemico visibile - ha quindi spiegato Madre Emmanuel in conclusione - quello invisibile porterà lentamente lontano da Dio, un bene ben più prezioso delle cose materiali. Dobbiamo allora avere l'umiltà di capire che la decisione di operare per il bene è fatta di scelte quotidiane, di rinunce e proponimenti, e solo con la preghiera e nella relazione con Cristo possiamo arrivare a perdonare. Non importa se non è un processo spontaneo, se umanamente non riusciamo a compiere questo passo. Basta lasciare aperto un varco nel proprio cuore, avere in sé un sincero desiderio di perdono, e sarà Dio con la Sua grazia a renderci capaci di carità e amore verso i nemici. Solo così ciascuno di noi potrà allora dire: fermando il male ho vinto il mondo”.

Micaela Ghisoni

Pubblicato l'11 aprile 2024 (ilnuovogiornale.it)