La voce dal silenzio
Meditazioni di Madre Maria Emmanuel Corradini - Monastero San Raimondo Piacenza
venerdì 9 febbraio 2024
martedì 23 gennaio 2024
PREGHIERA DEL CUORE
Oggi siamo sommersi dal clamore delle parole e non diamo voce alla parola che proviene dal silenzio. I monaci nel capitolo vi della Regola di san Benedetto sono invitati ad amare il silenzio per custodire la Parola, perché la Parola ascoltata possa essere ruminata, amata, possa diventare luce, sale e forza, e quindi il parlare diventi dire bene. Ma per riempire l’anima bisogna fare silenzio, bisogna riempirsi della Parola di Dio, lasciarla decantare e, una volta decantata, questa Parola diventa ricchezza, luce, pace e consolazione. Quindi senza silenzio in realtà l’uomo perde sé stesso perché perde la propria interiorità. Vivere l’interiorità è necessario per ritrovare il senso dei valori e soprattutto il senso della preghiera.
Sappiamo che la parola uccide l’altro, può essere motivo di contesa, di divisione. Tante volte non si vuole fare del male ma attraverso una parola detta male o in modo sbagliato o nel tempo sbagliato, la parola assume un significato diverso da quello che volevamo dare. Allora la vita interiore ci aiuta a custodire le parole, a portarle in fondo al cuore dove dovrebbe abitare il Signore. E se queste parole vengono amalgamate con la presenza del Signore ritornano alla superficie con un peso, un significato, un senso molto diverso da quello che avevamo prima sulla bocca. Dobbiamo fare in modo che le parole prendano sempre di più la dimensione della Parola di Dio, che le nostre parole diventino preghiera.
Per pregare non c’è bisogno delle grandi cattedrali. Noi non comprendiamo capiamo il bisogno che abbiamo di Dio. Corriamo, facciamo tante cose, andiamo a cercare di riempire il nostro vuoto con le tante cose che ci provengono da fuori e non vediamo che il primo che ci riempie il cuore è Lui che nel tabernacolo silenziosamente è pronto a darsi a noi, se solo lo vogliamo. Eppure le chiese sono vuote perchè l’uomo non sente il bisogno di Dio, ma solo di parole rassicuranti, parole che ci dicono che siamo bravi, che siamo belli… ricorrendo a Dio quando le situazioni sono difficili.
Questa è la preghiera che ci unisce, questa è la preghiera che non va mai persa. Ad alcuni genitori dico che la cosa più importante che possono fare i per i loro figli, che magari sono grandi e non li ascoltano molto, è pregare. Un genitore prima ha sopperito alle necessità materiali, poi a quelle culturali (scuola) poi è il tempo della preghiera in cui consegnare quello che hai di più prezioso a Dio. Gesù Cristo sul monte pregava per noi per poi consegnarci al Padre e durante il giorno raddrizzava storpi, zoppi, ciechi. Portava l’umanità davanti al Padre. Questo è il ministero principale di Cristo.
Madre Maria Emmanuel Corradini
venerdì 19 gennaio 2024
L'Eucaristia
“Il Signore ci chiede di essere noi stessi fino in fondo: così, attraverso l’eucaristia, ci permette di essere gli uni con gli altri senza essere giudicati”. Con queste parole madre Maria Emmanuel Corradini, nel corso della catechesi di sabato 4 marzo nella chiesa di san Raimondo, ha spiegato l’importanza dell’eucaristia e della comunione, cuore della Chiesa ed essenza del cristiano. “Gesù si consegna a noi – ha proseguito – non ci chiede di capire ma di credere che Lui, sulla croce, ha portato tutti i nostri peccati. Non c’è più niente da pagare, ha pagato tutto lui. Il suo sacrificio raccoglie tutti i sacrifici del mondo. Possiamo solo inginocchiarci e rimanere in silenzio, guardare all’amore che Dio ha per noi e non scappare”.
mercoledì 20 dicembre 2023
La piccolezza
“Questa sera parliamo del Mistero dell'Incarnazione, della piccolezza di Dio che abbraccia la nostra piccolezza, così che noi possiamo smettere di avere paura delle nostre fragilità”. Così Madre Emmanuel Corradini lo scorso sabato 11 dicembre ha dato inizio alla sua lectio, l'ultima del 2023 sul grande tema dell'“Imparare l'amore e le relazioni”, rivolgendosi ai numerosissimi fedeli venuti ad ascoltarla nel monastero piacentino di San Raimondo. Con la citazione di Edith Stein la suora ha fatto subito capire l'importanza del Mistero dell'Incarnazione, addirittura maggiore di quello della Passione. “Se un Dio – diceva la Santa – decide di assumere la natura umana per condividere tutto della storia dell'uomo, non può che morire per noi. La morte è logica conseguenza dell'amore, quindi l'Incarnazione è atto d'amore e sacrificio”. Poi il riferimento al Libro della Sapienza, con la luce di Dio che giunge a rischiare le tenebre. “Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose e la notte era a metà del suo corso, la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, O Signore, si lanciò”. Partendo proprio dal mistero dell'Annuncio e dell'Incarnazione – commenta la Madre -, le manifestazioni di Dio avvengono nel silenzio, già questo è segno della Sua piccolezza. Dio scende in una zona poverissima e buia, nel punto più basso di Betlemme: è lì che nasce il Figlio di Dio. Dio ha così deciso liberamente di entrare nella dimensione temporale, venendoci incontro come un bambino fragile per vivere e assumere il destino dell'uomo”. Secondo l'abadessa però a noi questo Mistero appare il più delle volte incomprensibile; ecco perché viviamo spesso il Natale come una favola, o un rito imparato in famiglia e non come la venuta del Figlio di Dio che con la Sua luce chiede di entrare nelle nostre vite. Tante volte noi non sappiamo nemmeno di essere nelle tenebre, siamo indifferenti al male e lo giustifichiamo – dice - .La luce della verità ci dà fastidio perché comporta una conversione, un cambiamento interiore . Una grande paura guida la nostra vita, timore dell'altro, delle relazioni, per cui abbiamo bisogno di una salvezza che ci liberi dalle tenebre che ci avvolgono. Ne esistono di tre specie, secondo un Autore citato dalla superiora del monastero: le tenebre più immediate, costituite da crimini e violenze che sono sotto gli occhi di tutti e abbruttiscono la natura umana; quelle rappresentate da aberrazioni sociali, ossia le forme di disordine che guastano la società e le famiglie, correnti ideologiche di cui oggi vediamo ampia propaganda; poi le ombre più pericolose, costituite da una cultura, una mentalità e un sentire collettivo di perdita dei valori. In questo caso il giudizio ultimo sulla vita personale e su quella dell'altro dipende da quello che l'individuo sente e prova. Siamo quindi tutti in pericolo di fronte alla perdita del senso di sacralità dell'esistenza umana: l'uomo non è più persona, figlio di Dio a cui tendere una mano, ma diventa qualcuno da cui difendersi. La suora esorta allora ciascuno dei fedeli ad interrogarsi su quale tenebra interiore lo assalga, anche nei momenti più impensati; perché solo guardando a viso aperto nome e volto di quelle ombre si può chiedere aiuto, consegnare il buio interiore ad una persona di fede e al Signore, impedendo la sua vittoria. “È a questo punto quindi che arriva la luce gentile di Dio a diradare le tenebre – prosegue Madre Emmanuel -. Prima la vediamo dentro di noi e poi anche fuori, a indicarci Gesù Cristo. Lui non ha in serbo giudizi, non attende con decreti di ergastolo o di morte: accoglie ciascuno a braccia aperte. Con la Sua luce Dio dona la salvezza e la speranza di poter riscattare tutte le nostre miserie, la possibilità di trovare la strada per uscire dall'angoscia, dalla paura, dalla morte: in questo modo Cristo viene a cambiare la Storia e l'eternità. Solo sentendosi avvolti nell'abbraccio d'amore di Gesù si può affrontare la vita quotidiana con la certezza di non cadere nelle mani dei potenti di questo mondo, ma di consegnarsi a Dio”. Poi cita San Bernardo: “venne Colui che poteva accontentarsi di aiutarci, venne Colui invece che volle condividere la mia vita”. Gesù – spiega – è venuto a incarnarsi nella storia e nella debolezza mortale perché la vita di ognuno, che non riesce a mantenersi all'altezza dello scopo per cui è stata creata, possa finalmente guardare in alto. La fede inizia con la resa all'amore gratuito di Cristo. Ma come viene Gesù? “Senza questa domanda si rischia di attenderlo senza vederlo – fa notare la superiora - , di cercarlo e non trovarlo. Dio si manifesta infatti nella piccolezza, nell'umiltà delle cose semplici come un pezzo di pane, o il silenzio di un tabernacolo. Accettiamo allora la piccolezza di Dio, ma per farlo dobbiamo riconoscere e ammettere anche la piccolezza di noi essere umani: dove noi siamo piccoli, dove abbiamo paura, dove siamo fragili Lui c'è”. Poi il ricordo delle parole di Matta el Meskin, padre spirituale del Monastero di San Macario in Egitto: “questo meraviglioso abbassamento divino è venuto per noi, per te e per me, è il desiderio di Dio di soffrire realmente, di partecipare alla nostra vita per giungere a una soluzione definitiva, eterna. Egli è sceso verso di noi fino al fango della mangiatoia per alzarci dalla nostra umiliazione alla Sua gloria”. E poi ancora: Dio non è venuto nel nostro mondo come un angelo o come un importante ospite straniero che ci è venuto a trovare, ha ascoltato le nostre lamentele, ci ha dato una benedizione e poi è ripartito”. “Noi abbiamo di un Salvatore - ha sottolineato la Madre - , non di qualcuno che ci consola e va. E il Vangelo lo dice, dice è nato per voi un bambino, ci è stato dato un figlio che patisce la nostra debolezza, la nostra malattia e soffre per il nostro peccato. Questo è il grande annuncio: la nascita di un bambino, che come il più fragile e piccolo degli esseri, può solo dare e desiderare carezze. Tutti gli esseri umani possono quindi avvicinarsi a Lui in cerca d'amore, senza timore di venire interrogati o vergogna per quello che sono”. Chiediamo allora per questo Natale la Grazia della piccolezza – ha detto poi la suora -, intesa prima di tutto come capacità di amare completamente la nostra natura umana, con i difetti fisici e psicologici che abbiamo. Ma non solo: la Grazia della piccolezza è anche la possibilità di una nobiltà d'animo per cui, illuminati dall'amore di Dio, impariamo a essere grati di quello che abbiamo e di quello che siamo, senza bisogno di confronto con gli altri. E impegniamoci a donare a Dio qualcosa di noi stessi che ci infastidisce, una parte di quelle ombre che in Lui possono diventare motore del nostro cambiamento” I momenti più difficili, le ore più buie appartengono a Dio – ha poi concluso Madre Emmanuel -, dove l'uomo si ritrae lui entra: ma sapremo riconoscere la luce del Bambino, solo se anche noi riusciremo a farci piccoli come bambini”.
Micaela Ghisoni
domenica 5 novembre 2023
Madre Emmanuel nella basilica di San Pietro a Roma
mercoledì 11 ottobre 2023
L'elogio della debolezza
Davanti ad una chiesa gremita di persone, nel sacro silenzio del Monastero di San Raimondo a Piacenza, il 7ottobre, si è svolta una lezione di saggezza e umiltà. Madre Emmanuel Corradini, profondamente ispirata dalla seconda lettera ai Corinzi di San Paolo, ha illuminato l'uditorio con un insegnamento prezioso sul tema "Elogio della debolezza". In una società che spesso dà valore solo alla forza e al potere, Madre Emmanuel ha portato alla luce la bellezza e la profondità della fragilità umana.
La fragilità ricostruisce l’uomo
Nel suo discorso, ha citato il teologo Romano Guardini, il quale aveva affermato che quando una società cerca di eliminare i più deboli, si condanna alla propria decadenza. Gli ammalati e i minorati - egli sottolineava - sono i difensori dei sani, custodi della nostra umanità contro l'atroce crudeltà del mondo. Questo concetto è stato ulteriormente enfatizzato dallo psichiatra Vittorino Andreoli, - citato dalla Madre - il quale ha scoperto che la sua stessa fragilità è stata la chiave per comprendere e curare le profonde ferite della mente umana. "La fragilità ricostruisce l'uomo, mentre la potenza lo distrugge", ha scritto saggiamente Andreoli.
Desiderare la debolezza
Madre Emmanuel ha anche portato alla luce le parole del teologo Dietrich Bonhoeffer, il quale ha insegnato che quando si sente Dio lontano, è proprio in quei momenti di debolezza che Egli è più vicino che mai. Questo ha permesso di ricordare a suor Corradini che la fragilità non allontana da Dio, ma avvicina a Lui in modi impensabili. La Madre ha poi citato con affetto le parole di San Bernardo, che invitava a desiderare la debolezza per riconciliarsi con il proprio peccato. In questo desiderio di debolezza, nel riconoscimento della propria umanità imperfetta, si trova la vera santità. Madre Emmanuel ha sottolineato che causa di miseria non è la caduta in sé, ma il rifiuto di rialzarsi dopo la caduta. Attraverso la debolezza, ci si avvicina maggiormente all'amore di Dio, e si scopre l'accoglienza divina nei momenti di fragilità e tentazione.
La strada dell’umiltà
La chiave per emergere dalla debolezza, secondo Madre Emmanuel, è l'umiltà, incarnata in Cristo stesso. La madre ha esortato gli ascoltatori a guardare a Cristo come modello di umiltà e ad offrire a Lui la propria debolezza. Nell'atto di chiedere aiuto, nel pregare, nell'abbracciare Gesù e nel servire il prossimo con umiltà, si trova la forza per superare ogni fragilità.
In conclusione, le parole di Madre Emmanuel Corradini hanno agito come una luce nella oscurità, una guida nel percorso della vita. Hanno insegnato che nella debolezza risiede una bellezza profonda e una connessione con il divino. Attraverso l'accettazione della fragilità e l'umiltà nel chiedere aiuto, si può scoprire una forza che va oltre la comprensione umana, una forza che può sostenere nei momenti di difficoltà e portare verso la santità. Le parole della Madre hanno ispirato i numerosi presenti a vivere con umiltà e a celebrare l’umanità, nella sua interezza e nella sua debolezza, accogliendo l'amore di Dio che avvolge ogni momento della vita