domenica 8 aprile 2018

II Domenica di Pasqua: della Divina Misericordia

"Incredulità di San Tommaso", Caravaggio, olio su tela, 1601
Se fossimo lasciati soli a noi stessi, anche se splende il sole, non saremmo in grado di poterlo gustare.
Difficilmente sappiamo apprezzare le cose di Dio e quindi anche di noi stessi, mentre la divina Misericordia ci aiuta a vedere l’amore dov'è: nelle persone, nel creato, nell’Eucaristia e nella Parola.
“La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune. Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli” (Atti 4,32 – 34).
Quando si è un cuor solo e un’anima sola con Dio e tra di noi, non si ha più bisogno di niente.
La comunione con Dio e con i fratelli non crea delle reali necessità, il necessario c’è già stato dato: nessuno era bisognoso, avevano tutto perché avevano l’amore…
Quindi svaniscono i bisogni personali, di cui il nostro io non è mai sazio, le nostre esigenze e l’accentramento su noi stessi.
Se noi considerassimo i bisogni degli altri più importanti dei nostri saremmo sempre in continua uscita.
Essere in uscita è proprio questo: creare spazio a Dio e agli altri, non solo un fare che, da solo, non serve a niente.
Quindi l’amore fa da collante ai nuovi membri della comunità cristiana.
Quando c’è l’amore, in una famiglia, in una comunità: non manca più niente. Ciò non significa mancare di vulnerabilità, di fragilità, di cadute, ma l’amore, il perdono, la carità, la vicinanza ti rimettono in piedi.
Chiediamoci perché, nelle nostre famiglie, comunità e chiesa locale, si fa fatica ad essere un cuor solo e una anima sola?
Quando manca l’amore crescono in modo esponenziale i bisogni dell’uomo.
I primi cristiani tutto quello che avevano lo vendevano e lo deponevano ai piedi degli apostoli.
Ritornano questi piedi che abbiamo già incontrato più volte: sparsi di profumo a Betania, lavati agli apostoli nell’ultima cena, inchiodati sulla Croce e infine, nel Vangelo di oggi, toccati da Tommaso.
Bisogna partire dai piedi: l’umile gesto di mettersi in ginocchio davanti agli altri.
Significa pure riconoscere un’autorità che deve essere vissuta anche nelle nostre relazioni: tra genitori e figli, genitori e Dio, con un padre e una madre spirituale… Vuol dire scoprire i carismi che il Signore ha dato.
L’autorità, se esercitata secondo Cristo, serve per fare verità.
Dal deporre ai piedi, si impara il servizio, l’umiltà, si apprende lo stare in ginocchio per la propria famiglia, chiesa e comunità.
Sono i piedi che Tommaso vuole vedere, non gli è bastato ascoltare il racconto dei suoi fratelli, lui vuole sperimentare l’amore.
Gesù ci sta, non lo rimprovera perché Cristo, lasciandosi toccare, in realtà lo raggiunge con il suo amore.
Quando riceviamo l’Eucaristia noi tocchiamo l’amore e questo si travasa in noi.
Riconosciamo e impariamo sempre per grazia, questa ci precede sempre...
Abbiamo bisogno di conferme nella nostra fede, ma dall’altra parte abbiamo Gesù che ci rassicura.
Domenica della misericordia: l’umiltà di Dio ci viene a toccare e travasa in noi tutto il suo amore, coscienti di tanta benevolenza mettiamoci in ginocchio per consegnarci a Lui.
Amen
(trascrizione non rivista dall’autrice)

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