giovedì 11 maggio 2023

Madre Emmanuel: «Non c'è missione senza eucaristia»

“Noi siamo qui perché convocati da Gesù, che in qualche modo ha mosso il nostro cuore. Dedicare una meditazione «all'eucaristia e missione» nella Settimana Santa vuol dire chiedersi: Gesù qual è il tuo bisogno nella storia oggi? Sei morto in croce per aprirci una strada di salvezza, ma io come devo compiere questa strada?”
Così, con questi interrogativi direttamente rivolti ai numerosi fedeli in ascolto, madre Maria Emmanuel Corradini ha introdotto la catechesi del primo aprile nel monastero di San Raimondo a Piacenza, sottolineando subito che ”ognuno di noi è indispensabile al compimento dell'opera di salvezza divina”. Come? Attraverso un “duro lavoro personale di conversione”, di cui la suora ha spiegato i tratti fondanti in uno degli approfondimenti da lei dedicati al tema dell'eucarestia.
L'incontro si è focalizzato sull'intimo rapporto tra Comunione e Missione, che madre Emmanuel ha saputo svelare passo dopo passo ai cuori in ascolto. “Il cristianesimo non è un'opera di persuasione – ha detto l'abbadessa –, il cristianesimo è un volto: Gesù Cristo. Il cuore di Cristo palpitante d'amore squarciato sulla croce ha permesso alla chiesa di nascere e ciascuno di noi impegnandosi ad amare fa la chiesa; la chiesa siamo noi”.

Santa Teresa di Lisieux
Poi, l'importante riferimento a Santa Teresa di Lisieux, che della Chiesa voleva essere “l'amore”.
“Aveva capito che con l'amore poteva abbracciare tutti gli spazi e i tempi per essere in missione, poteva essere dappertutto, come persona impegnata ad amare Cristo al centro della Chiesa. Questo per smascherare l'equivoco che concepisce la missione come un fare: la missione è prima di tutto un Essere di Cristo, chiunque ami di questo amore è già in missione. La modalità può essere pulire, servire, pregare, ma l'essenza è la presenza di Cristo in noi. Anzi: il cuore deve rimanere cuore e non può essere gamba o braccio, i monasteri devono rimanere monasteri, la preghiera restare preghiera e la missione essere missione; ciascun organo deve mantenere una propria specifica funzione perché il corpo della chiesa possa funzionare e tutto insieme confluire all'origine”.
Dov'è l'origine? Nel cenacolo, nell'eucaristia.
“I discepoli – ha continuato la religiosa – sono infatti tornati al cenacolo dopo la scandalo della croce e l'amore di Gesù e dello Spirito Santo li ha rimessi insieme; sono partiti da lì per la missione. Dovremmo anche noi, nei momenti di buio e smarrimento, tornare all'origine: perché la missione parte dall'Eucarestia, cioè da un rapporto stretto, unico, essenziale con Gesù Cristo, il quale ridona ciascuno a se stesso”.
“Farò la Pasqua da te, così ascolteremo nei Vangeli, questo è l'essenziale: si può andare ovunque, ma senza nutrirsi del corpo e del sangue di Cristo, nulla potrà fiorire”.
Gesù ci dice chiaramente l'importanza del rapporto con il Padre e della preghiera nel Vangelo di Luca, cap. IV: “Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato».

L'importanza della preghiera
“Gesù si fa quindi trovare in preghiera dalla folla – prosegue madre Emmanuel commentando il passo – per far capire che la preghiera mette in relazione con l'amore del Padre, facendosi annuncio, fonte generativa di questo amore. C'è allora un rapporto diretto tra preghiera e missione: chiunque prega è un mandato. La missione può essere verso un vicino di casa, il proprio marito, verso chiunque sia portato con sé nella preghiera. Gesù pregando si mette in ascolto del Padre, a differenza di noi che senza Dio facciamo tutto perché sembra non servirci: ma solo incontrandolo in preghiera lo troveremo nella missione”.
La comunione con il Padre e lo Spirito Santo è perciò la dimensione più necessaria che occorre cogliere nell'eucarestia: prima di tutto “comunione”, venuta di Gesù verso di noi”.
“Non è certo un caso – fa notare la religiosa – che quando il Vangelo parla della missione raccomandi di andare «a due a due» e farsi discepoli tutti i popoli in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. La sostanza della missione è ancora una volta la comunione, portare con sé un fratello o una sorella da amare, custodire, con cui condividere l'esperienza di Gesù e della Chiesa”.

Custodire la fede dei piccoli
“Amatevi gli uni e gli altri come io ho amato voi”, questo il comandamento lasciato da Gesù durante l'ultima cena della lavanda dei piedi: è il più difficile, perché implica un lungo percorso interiore di conversione; arrivare alla morte del nostro io per amore altrui.
Si può fare tantissimo solo per orgoglio” – ha ammonito l'abbadessa –, ma senza un'autentica capacità di ascolto di Dio e dell'uomo, i bisogni dell'altro non potranno trovare dimora nel nostro cuore”.
“Per vivere la missione bisogna poi custodire la fede dei piccoli”, coloro che hanno solo la luce di Cristo e la vedono spegnersi ogni giorno con la violenza, l'arroganza intellettuale, mezzi di potere. Un ricordo toccante chiude quindi l'incontro con madre Emmanuel: una vecchietta ha tenuto viva ogni giorno la propria fede in Cristo, denigrata come un'illusione per 70 anni, con un libro di preghiere recitate per lei e per chi di vivo le rimaneva intorno. Era l'Ucraina poverissima del 1991, nella stanza di un ospedale catapecchia l'anziana donna ha pregato tra moribondi e feriti finché le suore sono arrivate da Roma a testimoniare che la luce di Cristo non era un inganno.
“Non c'è quindi bisogno di andare lontano: per vivere la missione basta iniziare dal proprio cuore”.

Micaela Ghisoni ( dal sito ilnuovogrionale.it del 5 aprile 2023)

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