È un tema
che riguarda tutti, nessuno è escluso. Chi riesce a dare e ricevere perdono e
correzione è una persona libera. Infatti il perdono e la correzione fraterna
sono due grandi doni che danno dignità all'uomo.
Questi atteggiamenti
sono una condizione della vita umana quindi non sono dati una volta per tutte….
Sono cose su cui bisogna lavorare. Considerando
che nel cammino degli anni si cambia, si è soggetti volubili, a 30 anni si fa una
cosa e a 50 anni il contrario, il perdono e la correzione sono per ciascuno un
mistero. Sono atteggiamenti fondamentali della nostra vita poi si diversificano
nel “dove, quando e come” personali.
La correzione
fraterna e il perdono hanno a che fare con l’altro che può essere un compagno
di avventura, il marito, la moglie, il figlio, gli studenti, può essere l’amico
affettuoso, ma anche la persona indisponente, sgradevole, che si considera
avversaria e che si desidera eliminare.
Quindi la
prima conversione personale è quella di rispettare la diversità dell’altro che
non posso sopprimere. Conversione significa che si deve cambiare il tipo di sguardo,
atteggiamento e modo, perché occorre il coraggio accettare l’altro per quello
che è. Fondamentalmente questa è una qualità di Dio che accoglie e ama l'uomo così come è. Perdono e correzione avvengono dunque se si è in stretto rapporto con
Dio, l’unico in grado di correggere e perdonare, fino in fondo, senza se e senza
ma.
La forma più
alta del perdono è quella di non scendere a livello di colui che ha provocato
il male e la ferita. Significa accettare l’altro anche nelle cose che non si
sono messe in conto, che non si aspettano, per questo ci vuole molto coraggio ed
è necessario convertirsi all'amore.
La vita
monastica è realizzata da persone che formano una famiglia e che sono l’espressione
dell’umanità odierna. Non si sono scelte, non si sono messe d’accordo: sono
state messe insieme dallo Spirito Santo. Con questa convinzione allora la
monaca che si ha davanti, anche se è insopportabile, rappresenta Cristo e fa progredire
nel cammino spirituale, non è un ostacolo, fa esercitare la pazienza e vivere
la dinamica del perdono. La stessa cosa capita alla madre con il figlio che è
nato dalle sue viscere, per quanto faccia delle stupidaggini rimane figlio.
Quindi è qualcosa di molto grande e mette in moto un amore incondizionato. Ora se
non si usa la dimensione della conversione all'amore, anche negli ambienti
scolastici dove gli insegnanti operano, non si costruisce nulla. Bisogna
riconoscere l’importanza di fare del bene a delle creature che magari non hanno
mai ricevuto nulla di profondo. Si tratta di guardare il ragazzo in una dimensione
più alta, aldilà delle sue azioni e del “mi piace o non mi piace”, solo in
questo modo si riuscirà ad esercitare il perdono.
Ecco che
emerge il pensiero di San Benedetto il quale ci ricorda che siamo dotati di corpo
e anima, quindi in qualsiasi lavoro e dimensione dobbiamo tirare fuori l’anima:
significa che non si deve usare solo la testa ed il ragionamento, ma il cuore.
“Se per
quello che hai fatto meriteresti di essere buttato fuori dalla porta, per
quello che sei mi metto accanto a te e comincio a parlarti, per me tu sei un
ragazzo che ha bisogno di essere guardato, ascoltato e custodito”.
Allo stesso
modo quando un figlio porta a casa un brutto voto, egli si aspetta di essere sgridato
e punito, se invece trova la madre che gli dice: “In questo modo non facciamo alcun
bene a nessuno, adesso ci mettiamo insieme, mangiamo poi ne parliamo e
cerchiamo di capire perché hai buttato via del tempo nel non studiare”. Il ragazzo
non si aspetta questa reazione: viene trattato con amore, come qualcosa di più
ed è ciò che fa la differenza!
Bisogna sempre
andare a questo livello più alto ed è qui che si comprende il perdono e la
correzione.
“Ti correggo
perché ti amo tanto e non permetto che tu vada perduto…”.
La correzione
diventa così una responsabilità e una grande carità, perché significa che sono
interessato all'altro.
L’insegnante
dovrebbe avere a cuore l’alunno, stargli vicino e soffrire nel vedere i suoi
errori, non disinteressarsi dicendo: “Che m’importa, tanto sono pagato lo
stesso dallo Stato…”.
Molti
purtroppo oggi non correggono perché dicono:
“Affar suo,
non spetta a me. Già glielo detto più volte. Che s’arrangi!”
C’è una
mancanza di presa a carico: lo si rimanda all'Asl, al docente di sostegno, alla
psicologa, per non prendersi sulle spalle dei problemi…
Come deve
essere questa correzione? Va fatta con carità, non a tavolino, l’altro deve
capire che non si è più in alto di lui, ma si prova amore nei suoi confronti.
Paolo VI diceva che non abbiamo bisogno di maestri, ma di testimoni. Si deve testimoniare con le parole, lo sguardo
giusto e con umiltà. Ci si rivolge al prossimo non perché lo si vuole mettere al muro, giudicare, condannare…. Ma con il cuore pieno d’amore tanto che all'altro,
trovando vicinanza, gli venga spontaneo ringraziare.
Altrimenti abbiamo
l’effetto contrario: cioè la ribellione, la chiusura e il distacco.
Quindi le
parole hanno un peso…. Quando dirle e come dirle….
Se si è
stanchi, di fretta o arrabbiati non si riesce a trasmettere nulla. Se invece si
va davanti al Signore e si prega per quel fratello da correggere, il tono e lo
sguardo sono completamente diversi.
Quando le
cose sono dette male ci vogliono giorni per rimettere in sesto una persona. C’è
bisogno di pregare prima di fare una correzione, c’è bisogno di fare il punto
senza dire parole in più, senza metterci il proprio stato d’animo, ma dire
davvero la verità, dire quello che è necessario che l’altro capisca.
Si deve
misurare la correzione sul Vangelo altrimenti il proprio io diventa l’artefice
di tutto, sia della domanda che della risposta, sia della visione della verità.
Correzione è
anche riconoscere che, senza questa carità, ci si può perdere e andare a finire
nel burrone…
Uno liberamente
potrà cadere nel baratro, però ha ricevuto un messaggio di correzione.
Purtroppo nella mia esperienza di medico nel reparto infettivi ho sentito
spesso dire da giovani malati di AIDS che nessuno diceva loro come stavano,
come si sentivano e si ritenevano niente per nessuno…
Anche molti
bambini oggi tornano a casa da scuola e nessuno gli dice cosa passa nel loro
cuore. Si chiede soltanto di fare i compiti. Un ragazzo può prendere una strada
sbagliata anche perché neanche uno è interessato a lui.
San Bernardo
affermava che soltanto la luce della verità e il calore di uno sguardo di perdono
possono risanare l’anima orribilmente ferita.
Se l’amore è
l’incontro tra due fragilità allora l’antidoto al male è proprio la
misericordia. Sotto lo sguardo di Dio non si riceve, prima di tutto la condanna,
ma la clemenza e la bontà che poi fanno rimanere male per le delusioni che si
provocano.
Si deve
sentire la necessità del perdono in ragione della propria fragilità che porta a
dinamiche di peccato, però recuperabili con l’aiuto della grazia dei sacramenti
che rimettono in piedi per i giorni a venire.
Scegliere il
perdono è la via guida per uscire dal rancore, dal ricordo amaro di ciò che si
ha ricevuto…
Il perdono
permette di guarire interiormente, porta libertà, leggerezza ed è un’esperienza
divina.
Quindi si ha
sempre bisogno di coltivare la memoria della misericordia e del perdono ricevuti.
È il ricordo
di un regalo molto bello che invita ciascuno di noi a perdonare a sua volta.
(trascrizione
non rivista dall'autrice)
*Meditazione di Madre Emmanuel rivolta al gruppo docenti San Raimondo
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