mercoledì 20 dicembre 2023

La piccolezza


 “Questa sera parliamo del Mistero dell'Incarnazione, della piccolezza di Dio che abbraccia la nostra piccolezza, così che noi possiamo smettere di avere paura delle nostre fragilità”. Così Madre Emmanuel Corradini lo scorso sabato 11 dicembre ha dato inizio alla sua lectio, l'ultima del 2023 sul grande tema dell'“Imparare l'amore e le relazioni”, rivolgendosi ai numerosissimi fedeli venuti ad ascoltarla nel monastero piacentino di San Raimondo. Con la citazione di Edith Stein la suora ha fatto subito capire l'importanza del Mistero dell'Incarnazione, addirittura maggiore di quello della Passione. “Se un Dio – diceva la Santa – decide di assumere la natura umana per condividere tutto della storia dell'uomo, non può che morire per noi. La morte è logica conseguenza dell'amore, quindi l'Incarnazione è atto d'amore e sacrificio”. Poi il riferimento al Libro della Sapienza, con la luce di Dio che giunge a rischiare le tenebre. “Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose e la notte era a metà del suo corso, la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, O Signore, si lanciò”. Partendo proprio dal mistero dell'Annuncio e dell'Incarnazione – commenta la Madre -, le manifestazioni di Dio avvengono nel silenzio, già questo è segno della Sua piccolezza. Dio scende in una zona poverissima e buia, nel punto più basso di Betlemme: è lì che nasce il Figlio di Dio. Dio ha così deciso liberamente di entrare nella dimensione temporale, venendoci incontro come un bambino fragile per vivere e assumere il destino dell'uomo”. Secondo l'abadessa però a noi questo Mistero appare il più delle volte incomprensibile; ecco perché viviamo spesso il Natale come una favola, o un rito imparato in famiglia e non come la venuta del Figlio di Dio che con la Sua luce chiede di entrare nelle nostre vite. Tante volte noi non sappiamo nemmeno di essere nelle tenebre, siamo indifferenti al male e lo giustifichiamo – dice - .La luce della verità ci dà fastidio perché comporta una conversione, un cambiamento interiore . Una grande paura guida la nostra vita, timore dell'altro, delle relazioni, per cui abbiamo bisogno di una salvezza che ci liberi dalle tenebre che ci avvolgono. Ne esistono di tre specie, secondo un Autore citato dalla superiora del monastero: le tenebre più immediate, costituite da crimini e violenze che sono sotto gli occhi di tutti e abbruttiscono la natura umana; quelle rappresentate da aberrazioni sociali, ossia le forme di disordine che guastano la società e le famiglie, correnti ideologiche di cui oggi vediamo ampia propaganda; poi le ombre più pericolose, costituite da una cultura, una mentalità e un sentire collettivo di perdita dei valori. In questo caso il giudizio ultimo sulla vita personale e su quella dell'altro dipende da quello che l'individuo sente e prova. Siamo quindi tutti in pericolo di fronte alla perdita del senso di sacralità dell'esistenza umana: l'uomo non è più persona, figlio di Dio a cui tendere una mano, ma diventa qualcuno da cui difendersi. La suora esorta allora ciascuno dei fedeli ad interrogarsi su quale tenebra interiore lo assalga, anche nei momenti più impensati; perché solo guardando a viso aperto nome e volto di quelle ombre si può chiedere aiuto, consegnare il buio interiore ad una persona di fede e al Signore, impedendo la sua vittoria. “È a questo punto quindi che arriva la luce gentile di Dio a diradare le tenebre – prosegue Madre Emmanuel -. Prima la vediamo dentro di noi e poi anche fuori, a indicarci Gesù Cristo. Lui non ha in serbo giudizi, non attende con decreti di ergastolo o di morte: accoglie ciascuno a braccia aperte. Con la Sua luce Dio dona la salvezza e la speranza di poter riscattare tutte le nostre miserie, la possibilità di trovare la strada per uscire dall'angoscia, dalla paura, dalla morte: in questo modo Cristo viene a cambiare la Storia e l'eternità. Solo sentendosi avvolti nell'abbraccio d'amore di Gesù si può affrontare la vita quotidiana con la certezza di non cadere nelle mani dei potenti di questo mondo, ma di consegnarsi a Dio”. Poi cita San Bernardo: “venne Colui che poteva accontentarsi di aiutarci, venne Colui invece che volle condividere la mia vita”. Gesù – spiega – è venuto a incarnarsi nella storia e nella debolezza mortale perché la vita di ognuno, che non riesce a mantenersi all'altezza dello scopo per cui è stata creata, possa finalmente guardare in alto. La fede inizia con la resa all'amore gratuito di Cristo. Ma come viene Gesù? “Senza questa domanda si rischia di attenderlo senza vederlo – fa notare la superiora - , di cercarlo e non trovarlo. Dio si manifesta infatti nella piccolezza, nell'umiltà delle cose semplici come un pezzo di pane, o il silenzio di un tabernacolo. Accettiamo allora la piccolezza di Dio, ma per farlo dobbiamo riconoscere e ammettere anche la piccolezza di noi essere umani: dove noi siamo piccoli, dove abbiamo paura, dove siamo fragili Lui c'è”. Poi il ricordo delle parole di Matta el Meskin, padre spirituale del Monastero di San Macario in Egitto: “questo meraviglioso abbassamento divino è venuto per noi, per te e per me, è il desiderio di Dio di soffrire realmente, di partecipare alla nostra vita per giungere a una soluzione definitiva, eterna. Egli è sceso verso di noi fino al fango della mangiatoia per alzarci dalla nostra umiliazione alla Sua gloria”. E poi ancora: Dio non è venuto nel nostro mondo come un angelo o come un importante ospite straniero che ci è venuto a trovare, ha ascoltato le nostre lamentele, ci ha dato una benedizione e poi è ripartito”. “Noi abbiamo di un Salvatore - ha sottolineato la Madre - , non di qualcuno che ci consola e va. E il Vangelo lo dice, dice è nato per voi un bambino, ci è stato dato un figlio che patisce la nostra debolezza, la nostra malattia e soffre per il nostro peccato. Questo è il grande annuncio: la nascita di un bambino, che come il più fragile e piccolo degli esseri, può solo dare e desiderare carezze. Tutti gli esseri umani possono quindi avvicinarsi a Lui in cerca d'amore, senza timore di venire interrogati o vergogna per quello che sono”. Chiediamo allora per questo Natale la Grazia della piccolezza – ha detto poi la suora -, intesa prima di tutto come capacità di amare completamente la nostra natura umana, con i difetti fisici e psicologici che abbiamo. Ma non solo: la Grazia della piccolezza è anche la possibilità di una nobiltà d'animo per cui, illuminati dall'amore di Dio, impariamo a essere grati di quello che abbiamo e di quello che siamo, senza bisogno di confronto con gli altri. E impegniamoci a donare a Dio qualcosa di noi stessi che ci infastidisce, una parte di quelle ombre che in Lui possono diventare motore del nostro cambiamento” I momenti più difficili, le ore più buie appartengono a Dio – ha poi concluso Madre Emmanuel -, dove l'uomo si ritrae lui entra: ma sapremo riconoscere la luce del Bambino, solo se anche noi riusciremo a farci piccoli come bambini”.

Micaela Ghisoni